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sabato 1 settembre 2018

Massimo


Well, non so nemmeno da dove cominciare. Potrei iniziare dicendo che sto bene anche se non sto per niente bene, dal fatto che mi sembra sia una Domenica ma è solo un Sabato, dal fatto che è appena iniziato in nuovo mese e che qui sembra che piova da sempre e per sempre. Potrei dire anche che tutto ciò che scrivo si autoevidenzia come errore perchè scrivo in Italiano con una tastiera impostata in Inglese e con il correttore in Inglese, appunto, e sembra che stia facendo una miriade di errori. Errori. Quanti errori si possono fare nella vita? Cioè esiste tipo un numero Massimo di errori che uno può fare? Tipo per la mia tastiera Massimo è uno, è un nome, ha diritto alla lettera maiuscola e non importa se io non stessi citando Massimo, il tizio, il presunto Massimo di turno, ma stessi usando la parola massimo inteso come gran numero, come quantità insomma; no, per la mia tastiera, per il mio correttore ortografico è un errore. Però non lo è.

Quindi tipo può essere che uno pensa di fare una cosa giusta e arriva il signor tizio che lo corregge e dice "Ehi bellezza questo è in errore!" E tu stai lì a dire "Ma no ma cosa dici? Ma io intend" "Ehi bellezza questo è un errore!" "Ma no ma guarda che io volev " "Ehi, è in errore! Guarda te lo correggo, si fa così." E tu accetti che sia così. Hai fatto un errore. Anche se non lo hai fatto. Però c'è il tizio correttore che ti giudica e ti sorveglia e ti dice “Ehi bellezza, hai fatto un errore, eccolo, te lo evidenzio. Anzi, io te lo correggo proprio così tu nemmeno lo puoi vedere come errore, hai sbagliato e via, io lo correggo.” E tu non puoi far capire che invece non era un errore ma intendevi un'altra cosa. Non puoi. Perchè non è lì sottolineato in rosso che tu pensi e dici “Wait, forse mi sa che c'è un errore.” No, tu non puoi vedere dove hai sbagliato, sei stato corretto e basta. End of story. 

Quante volte magari veniamo giudicati per un’idea, un pensiero, una scelta, un progetto, un sogno e veniamo persino corretti, gente che sta lì e mette bocca su cose che non riguardano loro e non solo ne parlano, stanno anche lì a commentare, a correggere quel tuo modo di vedere, di pensare, di reagire, di fare, .. E noi facciamo lo stesso. Non stiamo qui a leggere e dire “Ah si be’ ha proprio ragione lei, quella cessa del piano di sopra che mi ha fatto questo” “Quel barista quel giorno che si è permesso di dirmi” “Ma quell’arpia che pensavo fosse mia amica e poi invece visto che ha fatto?!” Nah! Noi siamo stati quella cessa, quell’arpia e quel barista almeno una volta, e sono stata brava a dire almeno una. Perchè è così. Perchè veniamo giudicati sempre e ci sentiamo in dovere di giudicare. Di dire sempre la nostra o per lo meno di pensarla. Perchè c’è sempre l’errore dell’altro da correggere, mai da evidenziare. Perchè è cosi che lo intendo io e allora così dev’essere. E invece no. E invece tante volte, forse la maggior parte delle volte, noi, la cessa di sopra, l’arpia dell’amica, il barista, volevamo dire solo massimo, ma invece per il correttore di turno, è Massimo. E non si discute.

Poi però c’è chi se lo rilegge il testo che ha scrirro e magari nota quella M che doveva essere m e quindi si interroga. Ci ride anche su. Te le fai quelle due belle risate davanti a Massimo quando tu intendevi massimo. E sai che pensi? A me non importa se lui ha corretto in Massimo il mio massimo e tutti vedreanno Massimo invece di massimo, io, in cuor mio, nel mio piccolo, so che cosa intendevo e me ne importa poco se per la cessa, l’arpia ed il barista sarà sempre e solo Massimo, io so che intenedevo massimo, allora va bene così. Tanto, l’ho scritto io, lo so io cosa volevo dire. A loro lascio credere che stia sbagliando, che è meglio come la vedono loro, che vado corretta, però, poi, alla fine, io vado avanti per la mia strada e anche se agli occhi di tutti è un errore, per me, forse, non lo è stato.





















A chi sta sbagliando, a me, al barista, all’arpia e alla cessa as well, affinchè sia più importante prendere le proprie scelte in errore che fare quelle degli altri sbagliando. E anche a Massimo, affinchè sappia che non è il massimo.