Quindi tipo può essere che
uno pensa di fare una cosa giusta e arriva il signor tizio che lo corregge e
dice "Ehi bellezza questo è in errore!" E tu stai lì a dire "Ma
no ma cosa dici? Ma io intend" "Ehi bellezza questo è un
errore!" "Ma no ma guarda che io volev " "Ehi, è in errore!
Guarda te lo correggo, si fa così." E tu accetti che sia così. Hai fatto
un errore. Anche se non lo hai fatto. Però c'è il tizio correttore che ti
giudica e ti sorveglia e ti dice “Ehi bellezza, hai fatto un errore, eccolo, te
lo evidenzio. Anzi, io te lo correggo proprio così tu nemmeno lo puoi vedere
come errore, hai sbagliato e via, io lo correggo.” E tu non puoi far capire che
invece non era un errore ma intendevi un'altra cosa. Non puoi. Perchè non è lì sottolineato
in rosso che tu pensi e dici “Wait, forse mi sa che c'è un errore.” No, tu non
puoi vedere dove hai sbagliato, sei stato corretto e basta. End of story.
Quante volte magari veniamo
giudicati per un’idea, un pensiero, una scelta, un progetto, un sogno e veniamo
persino corretti, gente che sta lì e mette bocca su cose che non riguardano
loro e non solo ne parlano, stanno anche lì a commentare, a correggere quel tuo
modo di vedere, di pensare, di reagire, di fare, .. E noi facciamo lo stesso.
Non stiamo qui a leggere e dire “Ah si be’ ha proprio ragione lei, quella cessa
del piano di sopra che mi ha fatto questo” “Quel barista quel giorno che si è
permesso di dirmi” “Ma quell’arpia che pensavo fosse mia amica e poi invece
visto che ha fatto?!” Nah! Noi siamo stati quella cessa, quell’arpia e quel
barista almeno una volta, e sono stata brava a dire almeno una. Perchè è così.
Perchè veniamo giudicati sempre e ci sentiamo in dovere di giudicare. Di dire
sempre la nostra o per lo meno di pensarla. Perchè c’è sempre l’errore dell’altro
da correggere, mai da evidenziare. Perchè è cosi che lo intendo io e allora
così dev’essere. E invece no. E invece tante volte, forse la maggior parte
delle volte, noi, la cessa di sopra, l’arpia dell’amica, il barista, volevamo
dire solo massimo, ma invece per il correttore di turno, è Massimo. E non si
discute.
Poi però c’è chi se lo
rilegge il testo che ha scrirro e magari nota quella M che doveva essere m e
quindi si interroga. Ci ride anche su. Te le fai quelle due belle risate
davanti a Massimo quando tu intendevi massimo. E sai che pensi? A me non
importa se lui ha corretto in Massimo il mio massimo e tutti vedreanno Massimo
invece di massimo, io, in cuor mio, nel mio piccolo, so che cosa intendevo e me
ne importa poco se per la cessa, l’arpia ed il barista sarà sempre e solo
Massimo, io so che intenedevo massimo, allora va bene così. Tanto, l’ho scritto
io, lo so io cosa volevo dire. A loro lascio credere che stia sbagliando, che è
meglio come la vedono loro, che vado corretta, però, poi, alla fine, io vado
avanti per la mia strada e anche se agli occhi di tutti è un errore, per me,
forse, non lo è stato.
A chi sta sbagliando, a me,
al barista, all’arpia e alla cessa as well, affinchè sia più importante prendere
le proprie scelte in errore che fare quelle degli altri sbagliando. E anche a
Massimo, affinchè sappia che non è il massimo.